C’è ancora un futuro per il Todi Festival?

Riprendiamo da Città Viva un interessante articolo di Angelo Pianegiani

Triste il destino toccato in sorte negli ultimi anni al Todi Festival. Tanto osannato dagli attuali amministratori comunali quanto criticato dalle forze politiche di
opposizione (ma non solo da queste). Una polemica alimentata soprattutto dalla diffusa convinzione che la manifestazione non sia più in grado di stimolare
adeguatamente la crescita dei flussi turistici come nel passato, anche a causa di una perdita di spessore culturale che ha determinato una minore capacità di attrazione e di coinvolgimento nei confronti sia della cittadinanza sia dei visitatori provenienti da
altre località. In effetti c’è stato un tempo in cui questo evento aveva coagulato intorno a sé un consenso unanime: è stata quella l’età dell’oro del Festival. Ma come tutte le stagioni felici, che non durano per sempre, anche l’età dell’oro del Todi Festival è finita da tempo. Ciò che resta è un Festival zombi, passato dal
coinvolgimento al disinteresse dell’opinione pubblica, rattrappito su sé stesso, ormai
privo di fascino, cioè di quella componente che per un festival è tutto o quasi. Un
aspetto, quest’ultimo, efficacemente focalizzato dal direttore di questa rivista: “Che
cos’è un’aria da Festival? È quella che qualcuno citava, notandone l’assenza, in un
giorno qualunque della passata edizione: un’atmosfera continua, palpabile, che non
dovrebbe spuntar fuori nei piccoli affollamenti dell’ultim’ora davanti ai teatri, ma
avvertirsi più o meno sempre. Beh, è vero, non c’era. Ma perché, l’anno scorso
c’era? E gli anni passati? Meglio: l’ha mai avuta, quest’aria, il Todi Festival? Sì, un
tempo l’ha avuta, ma un tempo lontanissimo, alle origini» (Todi Festival 2023, pag.6-
8, CittàViva n.5/2023).
Il prossimo anno scade l’accordo fra il Comune e Gioform per l’organizzazione del
Todi Festival
Proporre oggi dubbi e perplessità non vuol dire che si voglia alimentare una pura e
semplice polemica. L’obiettivo, ben più importante, è quello di porre all’attenzione
della pubblica opinione il fatto che il prossimo anno rappresenta uno snodo
fondamentale per il futuro del Todi Festival. Infatti, con la delibera n° 20 del
27/01/2022 la Giunta comunale si è impegnata a confermare fino al 2024 la società di
Guarducci Gioform Srl come organizzatrice del Todi Festival, garantendone anche il
relativo sostegno economico. Ciò significa che alla fine dell’anno prossimo si dovrà
decidere il destino dell’evento che per un periodo lunghissimo (38 anni) ha
contrassegnato la vita culturale e la politica turistica della città. Si tratta di prendere
una decisione senza dubbio rilevante e delicata. Una decisione che, proprio per
questo, deve essere accompagnata da una riflessione, per quanto possibile
approfondita, che tenga conto dei vari fattori in gioco.

I costi del Todi Festival e il ruolo dei finanziamenti pubblici
Uno dei fattori da prendere in esame è quello del costo della manifestazione. A tal
fine è stata elaborata la Tabella n.1 (Costi del Todi Festival e importo dei contributi
pubblici) che riporta i dati economici relativi al periodo 2016-2022, cioè a partire dal
primo anno della gestione Guarducci, sulla base delle informazioni tratte dalle
delibere della Giunta comunale. Come è noto il Festival è organizzato da una società
privata, ma in larga parte finanziato dagli Enti pubblici, fra i quali svolge un ruolo
fondamentale il Comune che, di fatto, garantisce il pareggio economico della

manifestazione. Infatti, il contributo del Comune è erogato in due tranches: un
anticipo iniziale cui segue il saldo finale quantificato nella misura necessaria per
ottenere la copertura di tutte le spese (cosicché, di fatto, il rischio d’impresa ricade
sul Comune come pagatore di ultima istanza).

I dati riportati nella tabella possono essere così sintetizzati:

* nel settennio 2016-2022 le spese sostenute per l’organizzazione del Festival sono ammontate complessivamente a 1,711 milioni di euro;

* le spese sono state coperte per il 71% da contributi pubblici (prevalentemente comunali, in misura molto minore regionali e, marginalmente, da Etab);

* nel settennio i contributi erogati da Enti pubblici hanno raggiunto la somma di 1,221 milioni di euro (di cui ben 993 mila derivanti dal bilancio comunale);

* i ricavi da sponsor e da biglietteria riescono a coprire appena il 29% delle spese (quelli da biglietteria oscillano intorno ai 20/30 mila euro, tenuto conto anche della diffusa distribuzione di biglietti gratuiti);

* il costo medio di ciascuna edizione del Todi Festival è stato di circa 244 mila euro (un importo che sicuramente non consente di organizzare iniziative di livello adeguato!).

Gli oneri sostenuti dal Comune

In realtà i contributi economici versati dal Comune (come abbiamo visto, pari a 993 mila euro) non sono l’unico onere sostenuto dall’amministrazione locale a favore del Festival. Infatti, ad essi devono essere aggiunti i costi indiretti (da noi non quantificabili) “derivanti dall’impegno di collaborazione per la realizzazione dell’evento con la messa a disposizione degli spazi di proprietà dell’Ente stesso, secondo le effettive esigenze, con le attrezzature e supporti tecnici presenti negli stessi” (così come riportato nelle delibere di Giunta). Oltre a ciò, il Comune si è accollato ogni anno anche i costi connessi all’allestimento della mostra di arte contemporanea, con relativo catalogo, in cui vengono esposte le opere degli artisti che hanno realizzato il manifesto del Festival (allestimento affidato negli ultimi due anni alla Fondazione Pepper). Complessivamente i costi sostenuti direttamente dal Comune per le mostre ammontano a 200 mila euro, che aggiunti all’importo dei contributi determinano un onere totale a carico dell’Ente di 1,193 milioni.

Il ruolo della Fondazione Progetti Beverly Pepper

A questo punto è necessario chiarire il ruolo della Fondazione Pepper che, a partire dal 2021, ha assunto il ruolo ufficiale di partnership del Todi Festival, con il quale si è mossa in piena sinergia. La collaborazione della Fondazione è consistita nell’allestimento di una mostra alla Sala delle Pietre e nella esposizione delle sculture monumentali di Pomodoro (2021) e di Plessi (nel 2022), anche autori del manifesto del Festival. Due iniziative i cui costi a carico del Comune sono stati rispettivamente di 75 mila euro nel 2021 e di 70,5 mila euro nel 2022.

L’impatto del Todi Festival sulla città

Sin qui abbiamo parlato dei costi del Todi Festival. È quindi giunto il momento di analizzarne i benefici apportati. Ogni investimento ha un senso se ha una sua resa, cioè se produce gli effetti desiderati, altrimenti, in caso contrario, sono soldi gettati al vento. Ma quali sono gli effetti sperati di un evento culturale? In linea generale gli effetti positivi possono essere così classificati:

Effetti economici

Un evento non rappresenta solo un’occasione di spettacolo e di intrattenimento per il pubblico ma è anche uno strumento per generare ricadute economiche attraverso la spesa attivata dai visitatori e dallo staff organizzativo. Spese che non riguardano solamente i principali comparti della filiera turistica (ricettività, ristorazione) ma si ripercuotono anche su imprese di altri settori economici (enogastronomia, artigianato, espressioni artistiche locali, ecc.). è evidente che l’ammontare della spesa attivata è in funzione del numero dei visitatori. Purtroppo, il Todi Festival ultimamente non sembra attirare frotte di persone provenienti da altre località, se si esclude il caso dello spettacolo finale. Quindi si può presumere che gli effetti economici siano piuttosto modesti.    

Effetti sulla crescita dei flussi turistici

Un altro aspetto rilevante per valutare l’impatto di un evento riguarda la crescita dei flussi turistici che l’iniziativa è in grado di stimolare. L’aumento degli arrivi e delle presenze nelle strutture ricettive è strettamente legato alla capacità dell’evento di attrarre visitatori da fuori regione che soggiornano in loco e che magari approfittano della manifestazione per fermarsi qualche giorno per scoprire il territorio. Chi, negli ultimi anni, ha visto turisti di questo tipo durante il Festival è pregato di alzare la mano.

Effetto di immagine

Fra gli obiettivi di ogni avvenimento culturale c’è anche quello di favorire la visibilità del territorio su scala potenzialmente nazionale, aumentandone la notorietà e contribuendo positivamente alla sua immagine. Ma nel caso di un medio evento, come è il Todi Festival, la copertura mediatica è più ristretta, limitandosi quasi esclusivamente alla dimensione regionale e locale. Infatti, come è stato dimostrato in un precedente articolo (La monumentale rassegna stampa del Todi Festival 2019, pagine 8-9, CittàViva n.6/2019), le 900 pagine della rassegna stampa festivaliera erano caratterizzate dalla presenza preponderante dei siti web (che, peraltro, si sono limitati a rilanciare i comunicati ufficiali della manifestazione) con elevata frequenza di quelli umbri e da un’incidenza ridotta dei quotidiani, con netta prevalenza di quelli locali. Non a caso l’articolo citato si concludeva con queste parole: «Todi appare illuminata non dai riflettori dei grandi media nazionali ma dalla flebile luce di una moltitudine di candeline».

Quale futuro senza il Todi Festival?

Siamo quindi arrivati al quesito finale. Ha senso continuare con “questo” Todi Festival? Il gioco vale la candela? È ragionevole mettere in piedi la struttura di un festival (che comunque ha i suoi costi) il cui spettacolo clou è il concerto finale, cioè la presenza di un cantante scelto fra i tanti che in estate sono in giro per lo stivale e i cui manager aspettano solo di essere contattati per fissare un’ulteriore tappa del tour del loro artista? Ma di fronte al quesito scatta immediatamente la “sindrome dell’orror vacui”: se il Todi Festival non c’è più, che cosa facciamo?

In verità le opzioni possibili sono diverse:

 * è sempre possibile riesumare il vecchio brand del “settembre todino” (o qualcosa di simile) quale contenitore intorno al quale creare una specifica identità comunicativa, al cui interno programmare una pluralità di iniziative fra loro coordinate per coprire un arco di tempo che vada alla Festa della Consolazione alla Disfida di San Fortunato;  

 * il risparmio di risorse potrebbe consentire di finanziare interventi per restituire dignità e decoro alle tante vie cittadine attualmente abbandonate al loro riprovevole e inqualificabile squallore, nella convinzione che una città che “si presenta bene” agli occhi dei turisti è lo strumento più efficace per promuovere la propria immagine;

 * non ultimo, si creerebbero le condizioni finanziarie per incentivare lo sviluppo di attività economiche nel centro storico (e non solo).

Partito Democratico ” DOPO IL FALLIMENTO DI RUGGIANO UN NUOVO CAMPO PROGRESSISTA E CIVICO PER TODI”

I risultati delle elezioni amministrative del 3 e del 4 ottobre ci consegnano alcuni dati importanti, sia a livello nazionale che a livello regionale, che meritano un’analisi approfondita.

La netta affermazione del centrosinistra allargato nelle maggiori città italiane testimonia che siamo all’inizio di un percorso che può rivelarsi fruttuoso e vincente. Bando ai trionfalismi, ma non si può non evidenziare come l’idea di Enrico Letta di riorganizzare un nuovo campo, aperto e plurale, con il Partito Democratico come baricentro e con candidature forti ed autorevoli, sia stata premiata dagli elettori. Il Partito Democratico – vedasi, ad esempio, l’analisi dei flussi elettorali di YouTrend – è riuscito pure a rompere il confinamento nelle ZTL degli ultimi anni, recuperando consensi in “periferia” e riacquistando timidamente il radicamento sociale che spetta ad una forza progressista e di sinistra.

La strada da percorrere è ancora molto lunga, ma il fatto che la pandemia abbia stravolto schemi consolidati e che le forze conservatrici non siano in grado di dare risposte ai nuovi bisogni sorti dopo il rivolgimento che abbiamo vissuto nell’ultimo anno e mezzo è sotto gli occhi di tutti. Dall’emergenza pandemica, infatti, si esce da sinistra, cioè rinsaldando i legami di solidarietà, dando nuovamente centralità ai beni pubblici come la sanità e l’istruzione, difendendo il lavoro (nuovo sistema di ammortizzatori sociali, contrasto della precarietà ed investimenti sulla sicurezza nei posti di lavoro) e prendendo di petto la questione della transizione ecologica. Le parole d’ordine feroci della destra che spara a palle incatenate contro l’immigrato, il green-pass e la dittatura sanitaria, lisciando così il pelo ad una minoranza (per quanto rumorosa, fracassona e, purtroppo, violenta) dell’elettorato, sembrano davvero fuori tempo massimo.

Per venire al contesto umbro, non si può non intercettare il forte segnale di arretramento della destra che, speriamo, i ballottaggi certificheranno con ancora più forza. Il centrosinistra vince al primo turno ad Assisi con Stefania Proietti, è avanti a Spoleto con Andrea Sisti e si spartisce il secondo turno a Città di Castello. È uscito dall’isolamento degli ultimi anni e riesce ad essere fortemente competitivo con progetti di governo allargati al civismo seri e credibili Il campo progressista, col Pd come perno, è lo schieramento con la classe dirigente locale più preparata nel governare le città. È una classe dirigente politica autentica, riformista, competente, capace di unire e non inventata sui social.

Volgendo lo sguardo al 2022, anche a Todi va necessariamente messa in campo un’alternativa amministrativa retta da un nuovo campo che tenga insieme le forze progressiste di centrosinistra, il Movimento Cinque Stelle, il centro moderato ed il civismo. Non un’ammucchiata tanto per, ma un’alleanza progressista e civica che sappia far uscire Todi dall’isolamento in cui la destra l’ha fatta piombare negli ultimi anni, cementata da un progetto comune di lungo periodo per la nostra città e che torni ad occuparsi delle cose serie senza il paternalismo degli hashtag che abbia visto questi anni.

Todi ha bisogno di concretezza, di visione, di competenza, di legami (sia nazionali che europei) e, soprattutto, non di uomini soli al comando, ma di una squadra attrezzata e di una classe dirigente vera. Una classe dirigente prossima alle persone, che studi i dossier e sappia prendersi cura dei cittadini senza riempirli ogni tre per due della solita retorica edonistica ben rappresentata dallo slogan “la vita è bella”.

I risultati di un’amministrazione composta da persone ossessionate dall’effimero, dal superfluo e dai selfie mentre la realtà parla di una città in forte crisi sono tutto gli occhi di tutti. È ora di cambiare!

P.S. Prendiamo atto che anche CasaPound (perché Todi Tricolore, nonostante il lifting, sempre quello è) censura lo stile poco sobrio e basato sui selfie di alcuni componenti della giunta Ruggiano. Peccato essersene accorti solo ora per cercare di esercitare un’egemonia su alcuni frangenti della destra cittadina: noi lo diciamo da più di quattro anni!

Al Centro Speranza di Fratta Todina va in scena “La bellezza che unisce”

L’iniziativa è in programma venerdì 21 dalle ore 19 presso il parco del Centro Speranza a Fratta Todina

Presenterà il giornalista e conduttore Tiberio Timperi. Sarà una serata di inclusione, moda e divertimento con partner Firenze Moda Fashion Store e Musica per i Borghi

Fratta Todina Una serata di inclusione, moda e divertimento con la partecipazione di Tiberio Timperi, giornalista e conduttore radiotelevisivo, che presenterà una sfilata di moda che vedrà protagonisti gli ospiti del Centro Speranza di Fratta Todina. L’iniziativa, intitolata “La bellezza che unisce”, è in programma venerdì 21 giugno dalle ore 19 presso il parco della struttura frattigiana. Partner dell’evento sono Firenze Moda Fashion Store e Musica per i Borghi.

Il programma della serata prevede dalle ore 19 l’apertura dello Street food al Parco con Mastro Focaio e Pizza House e dintorni; alle 21 la sfilata di moda dei ragazzi del Centro Speranza; alle 22 musica dal vivo con Musica per i Borghi. Per informazioni e per riservare il proprio posto alla sfilata è necessario contattare il numero 075 874 5511 o scrivendo a comunicazione@centrosperanza.it.

Anche questa iniziativa rientra tra gli eventi organizzati in occasione dei 40 anni del Centro Speranza di Fratta Todina, compleanno che festeggerà il prossimo 17 settembre e che sarà preceduto da una serie di eventi che si terranno fino a fine anno e che saranno organizzati insieme a Madre Speranza Odv, l’associazione che dal 2000 sostiene il Centro attraverso la raccolta fondi e l’organizzazione di iniziative per l’inclusione delle persone con disabilità.

“Ringrazio di cuore Tiberio Timperi che ha accettato di tenerci compagnia per la serata. La sua presenza dà lustro alla nostra iniziativa, a cui teniamo molto. In occasione dei 40 anni di attività stiamo organizzando una serie di eventi tra cui la famosa Camminata della Speranza, che si terrà a settembre, e poi concerti, cene, convegni ed altri spettacoli teatrali. Sarà un anno pieno di iniziative che aiuteranno i genitori, i volontari e chi ci segue a crescere nella dimensione della conoscenza e della competenza verso la disabilità”, afferma Giuseppe Antonucci, presidente dell’Associazione Madre Speranza Odv.

Nel frattempo prosegue la campagna del 5×1000: un sostegno che contribuirà a garantire terapie riabilitative, attività educative e opportunità di inclusione sociale ai bambini e ai ragazzi del Centro Speranza. Il codice fiscale del beneficiario è: 94088450542.

Il Centro Speranza è una struttura sanitaria accreditata per l’erogazione di prestazioni riabilitative, socio-riabilitative ed educative rivolte  a persone con disabilità in convenzione con le Usl dell’Umbria e in regime privato. La struttura opera dal 1984 gestita dalla Congregazione delle Suore Ancelle dell’Amore Misericordioso che vuole offrire al territorio un servizio riabilitativo, socioriabilitativo ed educativo specializzato, basato su evidenze scientifiche ed esperienza clinica, all’avanguardia per competenza e umanità dell’équipe. Il principio ispiratore del servizio erogato dal Centro Speranza è il concetto di “valore primario della persona umana”, il rispetto della sua integrità e dignità e del suo progetto di vita. Operano in équipe per favorire il benessere psico-fisico della persona con disabilità accolta, la serenità della sua famiglia, la sua inclusione scolastica e sociale.

Ad InCanto d’Estate arrivano gli Heroes & Monsters

Il concerto è in programma a San Venanzo il 12 luglio alle ore 21,30

Si tratta dell’unica data umbra, ad ingresso libero, di tre artisti di fama internazionale: Stef Burns, Todd Kerns e Will Hunt

San Venanzo (Terni), 19 giugno 2024 – Un altro grande concerto è quello in programma venerdì 12 luglio (ore 21,30) per la 16esima edizione di “InCanto d’Estate, Festival di Musica d’Autore”, la manifestazione, organizzata dalla Pro Loco di San Venanzo sotto la direzione artistica di Filippo Pambianco, in programma presso il parco di Villa Faina a San Venanzo dal 10 al 14 luglio 2024. Tre mostri sacri del rock internazionale danno vita al nuovo incredibile trio “Heroes & Monsters”, formato da tre veterani del rock’n’roll e amici: il chitarrista Stef Burns (Y&T, Alice Cooper, Vasco Rossi, Stef Burnes League…), il bassista/cantante Todd Kerns (Slash & Myles Kennedy and the Conspirators, The Age of Electric, Bruce Kulick, Toque) e il batterista Will Hunt (Evanescence, Vasco Rossi, Vince Neil, Tommy Lee, Slaughter…).

Sarà un concerto imperdibile – unica data umbra – ad ingresso libero. Un vero e proprio regalo che la Pro Loco fa al suo pubblico. I curriculum dei musicisti parlano da soli. Il chitarrista Stef Burns ha una storia fantastica e variegata nel rock. Ha suonato con gruppi pop come Sheila E., Berlin e Huey Lewis & The News, oltre a band rock come i Y&T, con cui ha registrato quattro album, e Alice Cooper, suonando nei dischi Hey Stoopid e The Last Temptation. Attualmente Stef suona con Vasco Rossi e ha anche la sua band, la Stef Burns League.

Todd Kerns è un polistrumentista, cantante, compositore e produttore. È maggiormente noto per essere il bassista e corista in Slash featuring Myles Kennedy and the Conspirators e per essere il frontman della band canadese The Age of Electric, con dischi di platino. Negli ultimi anni, si è fatto notare come cantautore con esibizioni da sold out come solista, oltre a fronteggiare la band dell’ex chitarrista dei Kiss, Bruce Kulick, nonché la sua stessa superband canadese, Toque.

Il batterista Will Hunt attualmente risiede nel trono della batteria per gli Evanescence, con cui ha iniziato a suonare nel 2007, e ha suonato e scritto sui loro ultimi tre album in studio, tra cui l’ultimo, The Bitter Truth, che ha debuttato al n. 1 in 27 Paesi diversi nella classifica degli album. Nel corso degli anni, il batterista molto richiesto ha suonato con Dark New Day, Skrape, Staind, Vasco Rossi, Vince Neil, Tommy Lee, Slaughter e altri ancora. È apparso anche in album di Black Label Society, Michael Sweet (degli Stryper), Crossfade, Dirty Shirley (George Lynch), Device (David Draiman dei Disturbed) e altri ancora.

Gli altri concerti in programma nella 16esima edizione sono: “Disco d’Italia”, i più grandi successi dagli anni ’60 ad oggi suonati da una band di 10 elementi (mercoledì 10 luglio, ore 21,30); Ghemon con “Una cosetta così”(giovedì 11 luglio, ore 21,30, realizzato in collaborazione con l’Umbria Green Festival), Marco Morandi (sabato 13, ore 21,30); Tiromancino (domenica 14, alle 22). I biglietti per quest’ultimo concerto, l’unico che sarà a pagamento, sono acquistabili su TicketOne. Anche quest’anno InCanto d’Estate sarà dedicato alla musica ed al buon cibo. Ogni sera si terrà un concerto e sarà possibile degustare alcune specialità tipiche della cucina locale e umbra.

IL PARTITO DEMOCRATICO DI TODI C’E’

Comunicato del segretario PD Manuel Valentini

I risultati delle elezioni europee certificano un Partito Democratico in ripresa e che sta tornando ad essere sempre più in sintonia con il tessuto sociale del paese. La scelta della segretaria Schlein di comporre delle liste plurali e rappresentative ha premiato e riassegnato una centralità al Partito Democratico, senza il quale non c’è possibilità di costruire un’alternativa alla destra ora al governo. 

Le liste del Partito Democratico erano composte da amministratori capaci e preparati e personalità della società civile che abbracciavano vari mondi, dando così il segnale all’elettorato di un partito aperto e plurale, con tante competenze e sensibilità. Ne è una prova la lista relativa alla nostra circoscrizione (Italia Centrale) che metteva insieme europarlamentari uscenti autorevoli come Laureti, amministratori che hanno il polso del territorio come Ricci e Nardella e personalità esterne al partito come Tarquinio.

In questo quadro, il Partito Democratico di Todi ha fatto la sua parte per sostenere il nuovo corso rappresentato dalla nostra segretaria Elly Schlein, con una crescita in termini percentuali rispetto alle europee di cinque anni fa ed all’ ultime elezioni amministrative che ci gratifica e stimola a lavorare con ancora più determinazione ad una alternativa di governo.

Grande soddisfazione, poi, va espressa per la meritata rielezione a Strasburgo della nostra candidata umbra Camilla Laureti, che il Partito Democratico di Todi ha sostenuto con forza, convinzione ed entusiasmo, come dimostrano le tante preferenze espresse verso di lei. 

Va ulteriormente notato, poi, come in questa tornata elettorale nella nostra città anche le altre forze che non hanno parte della compagine governativa hanno avuto un buon riscontro in termini di consenso. Si tratta di forze politiche che coprono spazi che vanno dal centro alla sinistra del Partito Democratico con cui bisogna costruire anche a livello locale un progetto organico di alternativa di governo, partendo dalle tante cose che ci accomunano, dalla sanità al salario minimo passando per la costruzione di un nuovo modello di sviluppo che tenga insieme le ragioni dell’impresa e quelle dei ceti meno abbienti.

Uno sforzo inclusivo e collaborativo che già in questi mesi abbiamo portato avanti a Todi con le battaglie a difesa dell’Ospedale e con il no secco e deciso all’inceneritore.

Manuel Valentini-Segretario Comunale Partito Democratico Todi

Analisi dell’accessibilità nel centro storico della Città di Todi

Per iniziativa della University of Twente (Paesi Bassi), in collaborazione con l’Università degli Studi di Perugia, Todi è stata individuata quale caso di studio per una tesi di laurea sulla accessibilità nei centri storici medievali caratteristici dell’Italia centrale, iniziativa alla quale l’Amministrazione comunale ha assicurato il supporto alla diffusione, così da poter disporre di una analisi finalizzata a migliorare la mobilità nel centro storico.

La ricerca è svolta in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia sotto lasupervisione scientifica del professor Massimiliano Gioffrè e dell’architetto Alessandro Bruni, presidente della sezione umbra dell’Istituto Nazionale di Urbanistica.

Si invitano i cittadini a dedicare 10 minuti alla compilazione del questionario online che può rappresentare una ulteriore occasione di ascolto utile ad avere una fotografia, quanto più realistica possibile della percezione che i cittadini di Todi hanno rispetto alla accessibilità del centro storico, per andare poi a proporre soluzioni realizzabili, nel segno della sostenibilità economica e ambientale.

Il sondaggio è disponibile al link: https://s.surveyplanet.com/9wm02wgq . 

La risposta alle domande non viene registrata fino a che non si seleziona il pulsante “INVIA” nell’ultima pagina.
Per modificare le domande già risposte è necessario ripartire dall’inizio ricaricando l’indirizzo nella pagina web. La scadenza per la compilazione è fissata al 20 di giugno.

RingraziandoVi per la collaborazione, invio un caro, cordiale saluto.

Il Sindaco

Avvocato Antonino Ruggiano

SANITÀ DEL TERRITORIO: IL CONSIGLIO COMUNALE SVUOTATO DAL PODESTÀ RUGGIANO E DAL PRESIDENTE TENNERONI, ORMAI GIOCATORE E NON ARBITRO

Il Gruppo Consiliare del Partito Democratico di Todi, assieme alla Segreteria, registra con amarezza l’ennesimo, squallido, svuotamento delle prerogative di rappresentanza democratica proprie del Consiglio Comunale e le intollerabili forzature promosse dal Presidente Giorgio Tenneroni a detrimento delle funzioni di controllo dell’opposizione, considerate un vezzo fastidioso da un sindaco ormai divenuto podestà e da un presidente della massima assise comunale che, invece di svolgere il proprio ruolo con imparzialità, avalla ogni forzatura della maggioranza con un arroganza pari soltanto alla grande considerazione che ha di sé.

Cosa è successo, dunque, nell’ultimo Consiglio Comunale del 16 Maggio? Molto semplicemente, le opposizioni consiliari avevano presentato nei mesi scorsi una mozione tesa ad impegnare la Giunta Comunale a salvaguardare l’Ospedale di Pantalla con la sua trasformazione da ospedale di base a Dea di I livello e l’affidamento della gestione economico-finanziaria non più all’Ausl Umbria 1, ma all’Azienda Ospedaliera di Perugia, nell’ottica di una vera ed effettiva integrazione dei servizi sanitari, prevedendo la modalità di discussione prevista dal c.d. “Consiglio Grande”, aperto alla partecipazione dell’amministrazione regionale, dei livelli amministrativi competenti, degli operatori del settore, dei comitati e dei sindacati.

Avendo, purtroppo, la destra locale un’enorme paura di un confronto aperto e trasparente sul tema davanti alla cittadinanza, cosa si è inventata questa volta? Per mano del Presidente Tenneroni, nonostante le segnalazioni al Prefetto e i conseguenti pareri espressi sul tema dal Ministero degli Interni, in barba a leggi, regolamenti comunali e prassi interpretative consolidate, dopo mesi di dilazioni e arrampicarsi sugli specchi, ha negato la possibilità alla città di Todi di discutere la mozione in questione con le modalità precedente descritte, convocando, quindi, un Consiglio Comunale ordinario e portando in discussione anche una mozione della maggioranza, protocollata il mese di Aprile e frutto di un copia ed incolla indigeribile di quella delle opposizioni, senza la previsione della trasformazione dell’Ospedale di Pantalla in Dea di I livello.

Ormai a Todi, al di là della bocciatura di una mozione importante che sarebbe andata ad incidere sugli atti di programmazione regionale in modo concreto e non propagandistico, sussiste un problema democratico allarmante: la maggioranza, su ispirazione del Sindaco-Podestà Ruggiano, impedisce letteralmente alle opposizioni di svolgere le proprie funzioni, svuotando di senso la massima assise e la dialettica che si dovrebbe svolgere in esso.

Il Partito Democratico di Todi, di fronte a questo evidente vulnus, raddoppierà le proprie energie sulla battaglia a difesa della sanità pubblica e del territorio, rilanciata anche dai consiglieri regionali di opposizione che hanno presentato pochi giorni fa a Palazzo Cesaroni una mozione di uguale contenuto (primi firmatari i consiglieri del PD a cui va il nostro ringraziamento.                                                                                                   GRUPPO CONSILIARE PD TODIPARTITO DEMOCRATICO TODI

TODI: CONSIGLIO COMUNALE INFUOCATO SU SANITA’ E LEGALITA’.

GRUPPO CONSILIARE CIVICI X TODI – FABIO CATTERINI

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO NEGA IL CONSIGLIO GRANDE SUL TEMA DEL FUTURO DELL’OSPEDALE DELLA MVT E LA MAGGIORANZA, FORSE INCONSAPEVOLMENTE, SI STACCA DALLA POSIZIONE DELLA REGIONE CHIEDENDO DI AFFIDARE L’OSPEDALE ALL’AZIENDA OSPEDALIERA DI PERUGIA E QUINDI DI SOTTRARLO ALLA GESTIONE DELLA AUSL 1 – IL SINDACO RIVENDICA E DIFENDE LE OPERE ABUSIVE E BIASIMA CHI HA IL CORAGGIO DI DENUNCIARLE.

SI PROFILA ALL’ORIZZONTE UNA NUOVA MOZIONE DI SFIDUCIA.

Il consiglio comunale del 16 maggio ha certificato l’asservimento del Presidente del Consiglio Comunale alla Giunta.

E’ accaduto l’incredibile: pur di non convocare il Consiglio Grande chiesto dalle forze di opposizione sul tema del futuro dell’Ospedale della MVT, il Presidente del Consiglio ha portato la mozione in un Consiglio ordinario, tentando di farla discutere assieme ad un’altra mozione presentata, a distanza di due mesi, dalle forze della maggioranza e abbondantemente copiata, quanto al dispositivo, dalla prima.

Ne è conseguita un’ora abbondante di discussione sull’ordine dei lavori, dove le forze di opposizione hanno rimarcato come l’aver portato la mozione in Consiglio ordinario ha comportato di fatto la bocciatura del Consiglio Grande, contro le disposizioni date dal Ministero dell’Interno, che in un recente parere chiesto sul punto dalla Prefettura di Perugia, avevano indicato la competenza, in argomento, dello stesso Consiglio e non del Presidente.

Nel merito la maggioranza ha bocciato la mozione dell’opposizione nella quale si chiedeva al Comune di attivarsi per rappresentare la necessità di portare l’Ospedale di Pantalla a livello di DEA I, anche nella prospettiva della futura riforma dei Distretti Sanitari e di una effettiva integrazione Hub e Spoke con l’Azienda Ospedaliera di Perugia.

Stessa sorte per le ulteriori richieste di portare l’Ospedale della MVT sotto la gestione economico-finanziaria e sanitaria dell’Azienda Ospedaliera di Perugia.

Il paradosso è che quest’ultima richiesta è stata letteralmente copiata dalla maggioranza ed inserita nella mozione presentata da Forza Italia, Fratelli d’Italia e Todi Tricolore.

Risultato: la maggioranza ha bocciato la mozione dell’opposizione per poi approvare la propria mozione, sostanzialmente, quanto al dispositivo, copiata da quella dell’opposizione, salvo la proposta di trasformazione dell’Ospedale della MVT in DEA I.

A nulla è valso il tentativo di trovare un testo congiunto, ipotesi condivisa da alcuni consiglieri di Fratelli d’Italia, ma che è stata bocciata con il voto determinate del Sindaco e del Presidente del Consiglio, che si sono astenuti 8la votazione è terminata con 6 voti positivi, 6 contro e 2 astenuti).

Proprio tale astensione ha certificato la natura tutta politica della posizione della maggioranza e della Giunta, il cui unico obiettivo, nei fatti, era quello di silenziare o depotenziale la mozione presentata dalle forze di opposizione.

L’unico aspetto positivo è che nella foga i consiglieri di maggioranza e il Sindaco non si sono resi conto che approvando la richiesta di “affidamento della gestione economico-finanziaria e sanitaria” dell’Ospedale della MVT all’Azienda Ospedaliera di Perugia, hanno di fatto scavalcato la posizione e l’operato della Regione, ferma ad una ipotesi di integrazione funzionale.

Forse, nel copia ed incolla dalla mozione della opposizione, i consiglieri proponenti non si sono resi conto del contenuto, che così come formulato prevede di sottrarre l’Ospedale di Pantalla alla gestione della AUSL 1 per affidarlo all’Azienda Ospedaliera.

Posizione, questa, auspicata dai Comitati e dalle forze di opposizione, che a questo punto costringerà la Giunta a dare qualche spiegazione all’Assessore regionale alla Sanità, alla Dirigenza della AUSL 1 e, non ultimo, al Sindaco di Marsciano (Lega), che negli scorsi mesi ha bocciato la identica mozione proposta dalle forze di opposizione.

Purtroppo, la sensazione è che, in effetti, non si tratti di un passo in avanti, ma di mera inconsapevolezza.

Non paghi di questo pasticcio, l’apoteosi si è raggiunta nella discussione del secondo punto all’Ordine del Giorno, dove i consiglieri di opposizione chiedevano che la Giunta chiarisse la vicenda della realizzazione del parcheggio del Cimitero di Casemasce, eseguito dal reparto manutenzioni senza delibere o atti autorizzativi e su terra di privati.

Alla richiesta di chiarimenti, in particolare, sul versante politico, ossia sulla pozione del consigliere delegato alle manutenzioni Andrea Nulli, nel silenzio dell’interessato e dei consiglieri di maggioranza, ha risposto solo il Sindaco, il quale non ha trovato altra argomentazione se non quella di stigmatizzare la condotta dei firmatari, per avere richiesto l’intervento della Carabinieri Forestali e delle altre autorità preposte.

Si è giunti quindi al paradosso che secondo il Sindaco chi denuncia un possibile abuso o un’opera illegittima è più colpevole di chi la compie.

Un sostanziale invito alla omertà ed alla illegalità?

Di certo un esempio non edificante di sottomissione del principio di legalità alle esigenze di tenuta politica della Giunta, che di fatto si regge sul voto del consigliere Nulli, la cui posizione ieri sera è stata blindata dal Sindaco, analogamente a quanto accaduto nel 2023 per il Vice Sindaco Ranchicchio, fatto che porto alla mozione di sfiducia ed alla fuoriuscita dalla maggioranza di Per Todi e di un consigliere di Forza Italia.

Si profila quindi una nuova mozione di sfiducia; il dubbio è se questa volta quello che resta della maggioranza reggerà e farà quadrato o perderà altri pezzi.

Fabio Catterini (Consigliere Comunale)

LA FIGURA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI NELLE COSTITUZIONI DEL REGNO E DELLA REPUBBLICA

Parte quarta

Il d.d.l. costituzionale n. 935 d’iniziativa governativa, come accennato in premessa, contiene una scelta ben diversa da quella contenuta nel programma elettorale unitario della coalizione di centro-destra per le elezioni politiche vinte nel settembre ’22 che prevedeva l’elezione diretta del Presidente della Repubblica (c.d. forma di governo presidenziale o  presidenzialismo)ed è tipica degli Statidove manca il pluralismo politico ed anzi è fortemente accentuata la tendenza al bipartitismo comenegli Stati Uniti d’America (democratici e repubblicani). La Repubblica presidenziale è una forma di Governo appartenente sempre alle formedi democrazia rappresentativa macon il potere esecutivo tutto concentrato nella figura del Presidente che è sia capo dello Stato che capo del Governo da lui nominato, è scelto e legittimato dal voto popolare e non può essere sfiduciato dal Parlamento. Invece il progetto di legge di revisione costituzionale presentato lo scorso novembre dalla nuova Presidente del Consiglio dei ministri Meloni e dalla Ministra per le riforme istituzionali Alberti Casellati contiene, in soli cinque articoli, “modifiche agli articoli 59, 88, 92 e 94 della Costituzione per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri, il rafforzamento della stabilità del Governo e l’abolizione della nomina dei senatori a vita da parte del Presidente della Repubblica” e dal 21 novembre ’23 è in corso di esame in sede referente nella 1^ Commissione permanente (Affari Costituzionali) del Senato della Repubblica.

All’art. 1 il d.d.l. abroga il secondo comma dell’art. 59 Cost. e cioè la facoltà del Presidente della Repubblica, che è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale (art. 87, primo comma, Cost.), di nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario e in modo che il numero complessivo in carica degli stessi non può in alcun caso essere superiore cinque.

All’art. 2  sopprime la facoltà del Presidente della Repubblica, prevista dal primo comma dell’art. 88 Cost., di sciogliere anche una sola Camera, in quanto dopo la l.c. n. 2 del febbraio ’63 le due Camere hanno la stessa durata di cinque anni (art. 60, primo comma, Cost.), mentre nel testo iniziale della Costituzione per il Senato era prevista la durata di sei anni, uno in più della Camera.

All’art. 3 sostituisce l’art. 92 Cost. relativo al Governo della Repubblica con un nuovo articolo di tre commi di cui il primo,che definisce la composizionedel Consiglio dei ministri, rimane invariato. Nel nuovo secondo comma siintroduce l’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente del Consiglio dei ministri per la durata di cinque anni e si stabilisce che le votazioni per l’elezione delle due Camere e del Presidente del Consiglio avvengono contestualmente. Si deve subito notare che il d.d.l. non modifica la denominazione di Presidente del Consiglio dei ministri  con quella di Primo ministro (dal francese “Premier ministre“) come peraltro era stato fatto anche di recente, sempre da un Governo di centro-destra (Casa delle Libertà), nella legge di revisione costituzionale approvata dalle Camere nel novembre ’05 ma poi sonoramente bocciata dal referendum popolare del giugno ’06 e quindi non promulgata, per non dire poi della vecchia legge sul Primo ministro capo del Governo del dicembre ’25 e della connessa svolta autoritaria del Governo ventennale di B. Mussolini nell’allora Regno d’Italia. Comunque nel linguaggio politico e giornalistico anche per questo progetto di riforma costituzionale si stanno usando i termini di “premier e di premieratoa voler significare un ruolo ancora più rafforzato del Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti delle Camere elettive del Parlamento. In effetti con questo d.d.l.  si sta cercando di andare verso una forma di c.d. Governo neoparlamentare con il Primo ministro (ma nel nostro caso ancora con il Presidente del Consiglio) eletto direttamente dal corpo elettoralecontestualmente al Parlamento e con la conseguente soppressione dell’attuale potere di scelta e di nomina del Presidente del Consiglio da parte del Capo dello Stato. Un tale progetto di rafforzamento di ruolo di una delle figure istituzionali della Repubblica, tra l’altro anche a discapito di altre, non è da ritenere nel nostro Paese però essere in cima ai bisogni e alle aspettative del popolo sovrano (art. 1, secondo comma,  Cost.), considerati anche i notevoli e importanti poteri e prerogative di cui la stessa figura già dispone in forza sia del testo dell’art. 95 Cost. che dei successivi appositi atti legislativi già emanati come la  legge 400/1988 e il d.lgs. 303/1999 sull’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e meglio illustrati nella parte seconda. Nello stesso comma secondo del nuovo art. 92 Cost., dopo aver ribadito che è la legge (ordinaria) a disciplinare il sistema elettorale delle Camere,  è stata però  inserita anche una norma (sempre elettorale) che prevede un premio di maggioranza per garantire il 55 per cento dei seggi alle liste (Camera) e ai candidati (Senato) collegati al candidato Presidente del Consiglio quasi a voler cristallizzare nella Carta fondamentale il formale bipolarismo dell’attuale sistema dei partiti politici,peraltro avversato dai partiti centristi e altri.Il d.d.l. governativo sembra puntare decisamente verso il c.d. Parlamentarismo maggioritario con due poli di partiti tra loro alternativi, detto anche Parlamentarismo a prevalenza del Governo,che dovrebbe diventare anche un Governo di legislatura e cioè per tutta la durata quinquennale della stessa. Tale norma elettorale però non appare appropriata in un contesto costituzionale in quanto, per eventuali possibili modifiche future del sistema elettorale, occorrerebbe prima una nuova legge di revisione costituzionale con le sue procedure aggravate di cui all’art. 138 Cost.. Nel terzo comma aggiunto al nuovo art. 92 Cost. viene codificato in Costituzione il conferimento,da parte del Presidente della Repubblica, dell’incarico di formare il Governo alPresidente del Consiglio neoeletto ed è riconfermata la nomina dei ministri da parte del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio. Il conferimento dell’incarico e la nomina dei componenti del Consiglio dei ministri da parte del Capo dello Stato ha però ragione d’essere nell’attuale forma di Governo parlamentare (o parlamentarismo a prevalenza del Parlamento con un sistema di partiti multipolare) in cui spetta appunto al Capo dello Stato di nominare il Presidente del Consiglio e, su sua proposta, i ministri che insieme costituiscono il Consiglio dei ministri e cioè il Governo dello Stato. La futura elezione diretta del Capo del Governo mischiata con i due interventi minori lasciati alla competenza del Capo dello Stato (che appaiono più come una sorta di c.d. contentino) nella nuova procedura di formazione del Governo ha tutte le sembianze di un pastrocchio istituzionale in quanto l’elezione diretta da parte del corpo elettorale del Presidente del Consiglio dei ministri legittimerebbe lo stesso a nominare gli altri componenti del Consiglio dei Ministri forse con maggior titolo (anche se con minori garanzie) del Presidente della Repubblica, che invece non viene eletto dai cittadini elettori ma dal Parlamento in seduta comune e anche con la partecipazione dei delegati regionali (art. 83 Cost.) ed è quindi un organo solo indirettamente rappresentativo. Il Presidente del Consiglio eletto direttamente sarebbe infatti già in carica con la proclamazione da parte del competente Ufficio elettorale e già nell’esercizio delle funzioni con il giuramento nelle mani del Capo dello Stato (art. 93 Cost.).

All’art. 4 il d.d.l. modifica l’art. 94 Cost. con la sostituzione del terzo comma in cui conferma la norma per cuiil Governo (che è il Consiglio dei Ministri composto del Presidente del Consiglio e dei ministri che insieme lo costituiscono) entro dieci giorni dalla sua formazione si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. Appare però abbastanza evidente che la regola della fiducia delle due Camere dovrebbe avere un campo di applicazione più ristretto nel caso in cui il Presidente del Consiglio dei ministri fosse eletto direttamente dal corpo elettorale in quanto, avendo egli già ottenuto il voto della maggioranza dei cittadini elettori e quindi la loro fiducia, almeno per tale figura non apparirebbe più necessaria la fiducia degli altri rappresentanti del popolo eletti nel Parlamento. Infatti il Parlamento  e il Presidente del Consiglio sarebbero entrambi e in pari grado organi direttamente rappresentativi del popolo, il quale li ha eletti per esercitare in forma indiretta (appunto tramite i suoi rappresentanti) la sovranità che per norma costituzionale gli appartiene (art. 1, secondo comma, Cost.). Per semplice memoria invece l‘esercizio diretto della sovranità da parte del popolo in Costituzione si ha solo nel referendum popolare (il caso più importante), nell’iniziativa  legislativa popolare enel diritto di petizione alle Camere  (artt. 75 e 138, secondo comma, art. 71, secondo comma e art. 50 Cost.). La fiducia del Parlamento dovrebbe quindi rimanere necessaria non per il Governo nel suo complesso (CdM) ma solo per i singoli ministri che invece continuerebbero ad essere nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio eletto. Tutto questo appare però come un ulteriore pasticcio istituzionale del progetto di revisione costituzionale in questione elaborato per accrescere il ruolo, il prestigio e poi anche i poteri  della nuova figura del Capo del Governo, che tra l’altro non sembra apparire come un’esigenza in cima ai bisogni dei cittadini italiani. Inoltre, secondo il nuovo sesto comma aggiunto all’art. 94 Cost., alla cessazione dalla carica del Presidente del Consiglio eletto direttamente non conseguirebbe, come per i Sindaci dei comuni e i Presidenti delle Giunte regionali già da anni in regime di elezione diretta, lo scioglimento immediato delle Assemblee rappresentative ma, in caso di cessazione per dimissioni del Presidente del Consiglio, si andrebbe ad un (inutile) reincarico allo stesso di formare il Governo da parte del Capo dello Stato o addirittura un incarico ad altro parlamentare (contradditorio in regime di elezione diretta del Presidente)candidato incollegamento al Presidente eletto, per completare l’attuazione del programma su cui era stata ottenuta la fiducia (una sorta di forzata stabilità per il c.d. Governo di legislatura). Si tratta però di una norma anomala che contraddice nettamente il principio dell’elezione diretta e sembra invece fatta apposta per non scontentare i parlamentari che altrimenti non potrebbero terminare il loro mandato quinquennale. Solo se, nonostante questo abnorme espediente istituzionale, neanche il nuovo Governo”rattoppato” ottenesse la fiducia e in tutti gli altri casi di cessazione dalla carica del Presidente del Consiglio si arriverebbe allo scioglimento delle Camere da parte del Presidente della Repubblica, al quale almeno questo ingrato compito verrebbe però lasciato.  Quali siano poi, oltre alle citate dimissioni volontarie e alla revoca della fiducia mediante mozione motivata (di sfiducia) e votata per appello nominale già prevista dal vigente art. 94 Cost., gli altri casi di cessazione del Presidente del Consiglio subentrante, ma anche e soprattutto del Presidente del Consiglio eletto direttamente dal corpo elettorale non è dato sapere dal testo del d.d.l. governativo. Appare invece necessario che tali casi siano specificamente individuati e sanciti dal d.d.l. di revisione costituzionale inserendovi quantomeno i casi di impedimento permanente, decesso, decadenza e anche quello più importante di rimozione da parte del Capo dello Stato con decreto motivato quando il Presidente del Consiglio e il Governo abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge oppure per ragioni di sicurezza nazionale, con la conseguente decadenza dell’intero Governo e lo scioglimento del Parlamento ai sensi dell’art. 88  Cost. ed anche analogamente a quanto già previsto per le Regioni dall’art. 126, comma primo, Cost. . Il fondamentale potere, in capo al Presidente della Repubblica, di rimozione del Presidente del Consiglio dei ministri eletto direttamente dovrebbe essere previsto anche in caso di tentativi concreti di avvio di svolte autoritarie (che sembra stiano tornando di moda nell’Unione europea degli Stati nazionali) che mirino a trasformare la forma di Stato dell’Italia da Repubblica democratica (art. 1 Cost.) a Repubblica autoritaria la quale nega tutti i presupposti dello Stato democratico.

All’art. 5 del d.d.l.recante le  norme transitorie viene infine scrupolosamente precisato che questa nuova legge costituzionale troverebbe applicazione a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla sua entrata in vigore. In proposito si ricorda che è il Presidente della Repubblica il soggetto istituzionale che appunto ha la facoltà e il potere di scioglimento delle Camere, sentiti i loro Presidenti (art. 88 Cost.). Il riferimento anche al primo scioglimento delle Camere potrebbe essere una  semplice clausola di stile oppure potrebbe sottintendere una volontà di arrivare quanto prima (magari con il vento in poppa) ad un rafforzamento non tanto della stabilità del Governo quanto piuttosto della figura e del ruolo del nuovo Presidente del Consiglio eletto direttamente dal corpo elettorale.

Il d.d.l. costituzionale n. 935 presentato a metà novembre ’23 è in corso di esame in sede referente nella 1^ Commissione permanente (Affari Costituzionali) del Senato della Repubblica e dal 23 novembre scorso viene trattato congiuntamente all’altro d.d.l. n. 830 recante ” Disposizioni per l’introduzione dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri in Costituzione” già presentato dall’inizio dell’agosto ’23 dal senatore M. Renzi (Az-IV-RE) e cofirmatari Paita, E.Borghi, Fregolent, Sbrollini, Scalfarotto e Musolino. La Commissione, a fine gennaio ’24, ha però deciso di adottare come testo base della futura legge di revisione costituzionale il d.d.l. n. 935 d’iniziativa governativa. I pochi emendamenti approvati (quasi solo quelli governativi) nel corso dell’esame in Commissione, la cui conclusione è prevista per la fine del corrente mese d’aprile con il conseguente passaggio all’Aula del Senato, potranno essere  descritti e valutati dopo la loro completa pubblicazione.

Fine parte quarta

Li  3 aprile 2024

Dott. Alfonso Gentili, già Segretario Generale del Comune di Todi

ZONA SOCIALE 4 NEL CAOS CON IL COMUNE DI TODI CHE RICORRE AL TAR CONTROIL COMUNE DI MARSCIANO.

DOPO LA DENUNCIA DEL CONSIGLIERE COMUNALE DI CIVICI PER TODI – FABIO
CATTERINI, IL COMUNE DI TODI, RIMASTO INERTE PER ANNI, DELIBERA IL RICORSO AL TAR PER RECUPERARE DAL COMUNE DI MARSCIANO, OSSIA IL CAPOFILA DELLA ZONA SOCIALE 4, LE SOMME NON DISTRIBUITE.


Dopo l’intervento del 2 aprile del Consigliere Comunale di Civici Per Todi – Fabio Catterini,
rilanciato da alcune testate locali, improvvisamente, dopo almeno 3 anni di sostanziale inerzia (la questione era stata sollevata dai Revisori dei Conti ad inizio 2021, ma mai divulgata), il Comune di Todi il 4 aprile ha deliberato di ricorrere al Tar per ottenere dal Comune di Marsciano la quota di spettanza dei fondi della Zona Sociale 4.
Un tesoretto che al 31/12/2022 ammontava complessivamente a 1.146.720,47 di euro. Un tempismo quasi perfetto, se non fosse che già nel 2021 il Comune aveva incaricato un legale di valutare la situazione, ma sino a quando il “buco” della Zona Sociale 4 non è stato reso di pubblico dominio, ossia denunciato, la questione è stata trattata in gran segreto: lettere, contro lettere, incontri, ma mai una presa di posizione pubblica, un resoconto e, soprattutto, nessun risultato!


Riepilogo.
Il 2 aprile il Gruppo Consiliare Civici Per Todi, con una nota del Consigliere Fabio Catterini, denunciava l’anomala gestione della Zona Sociale 4, con fondi erogati dalla Regione ma non impegnati né spesi, per un totale di 1.146.720,47 euro.
Soldi che il Comune di Marsciano, in qualità di capofila della Zona Sociale 4, aveva in bilancio al 31 dicembre 2022 (il consuntivo 2023 non è stato ancora approvato); quindi fondi erogati ma non impegnati né spesi (tecnicamente residui attivi).
Nella nota si denunciava che tale situazione, sempre stando ai bilanci del Comune di Marsciano, derivava da una stratificazione, ossia almeno dal 2017 (primo bilancio consultato e disponibile on line), quando erano circa 200.000 euro, idem nel 2018, poi diminuiti nel 2019 e quindi cresciuti nel 2020 (circa 80.000,00 euro), con una impennata nel 2021 (circa 650.000,00 euro), quasi raddoppiati nel 2022 (appunto 1.146.720,47 euro) e così composti:
Fondo politiche per la famiglia 97.803,99 €

Contributo regionale progetti fondo sociale L.328/2000 364.277,21 €
Fondo progetti D Lgs 286/1998 50.585,68 €
Fondo Gioco d’azzardo 30.250,00 €
Fondo Nazionale Politiche sociale PIPPI 31.250,00 €
Fondo PON inclusione attiva 11.619,26 €
Fondo disabilità vita indipendente 471,16 €
Contributo regionale ufficio della cittadinanza 179.163,37 €
Fondo programmazione piano sociale di zona 33,46 €
Fondo sociale europeo 1.400,00 €
Servizi socio sanitari/educativi PRINA 379.866,34 €
Totale al 31/12/2022 1.146.720,47 €
A fronte di tale gravissima situazione, considerato che questi fondi sono il pilastro su cui si basano i servizi sociali, ossia tutti i servizi destinati alle fasce più deboli, la nota denunciava l’immobilismo del Comune di Todi, al quale la situazione era ben chiara, in quanto rilevata dai Revisori dei Conti sin dal 2021.
Ebbene, con tempismo strabiliante, il 4 aprile, ossia a distanza di due giorni dalla nota, il Comune di Todi, improvvisamente, con la Delibera di Giunta n.104, affida ad un legale il compito di ricorrere al Tar dell’Umbria contro il Comune di Marsciano, per accertare l’inadempimento degli obblighi ricadenti su detto Comune quale capofila della zona Sociale 4, con conseguente richiesta di risarcimento danni.
Risulta quindi confermata, ove ve ne fosse stato bisogno, la situazione di assoluta gravità denunciata da Civici Per Todi.
Rimane sullo sfondo l’inerzia della Regione Umbria, in teoria controllore della gestione dei fondi, in pratica spettatore passivo.
A questo punto è la Regione che deve intervenire, che deve controllare tutte le somme erogate, deve verificare i rendiconti trasmessi (se trasmessi!), quantificare le somme che devono essere distribuite o, peggio, restituite.
Per quanto ci riguarda, chiediamo e pretendiamo chiarezza; come già detto questa volta non ci accontentiamo del solito resoconto burocratico dello scambio delle carte; stavolta esigiamo provvedimenti: chi ha sbagliato, ha omesso, è stato colpevolmente inerte, deve pagare.
Deve pagare perché questa volta lo sbaglio lo ha fatto sulla pelle dei più bisognosi e questo è intollerabile.
Il Consigliere Comunale
Fabio Catterini

LA FIGURA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI NELLE COSTITUZIONI DEL REGNO E DELLA REPUBBLICA.

Parte terza

Dopo l’elezioni politiche del febbraio 2013 con risultati che, pur con il sistema maggioritario vigente, non consentivano la formazione di una maggioranza di Governo omogenea nelle due Camere e con il rinnovo, per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana, del mandato al Presidente della Repubblica G. Napolitano che però lo ricoprì solo per meno di due anni fino al gennaio ’15, si riuscì nell’aprile ’13 a formare il Governo delle c.d. “larghe intese”(Governo Letta – di grande coalizione (PD-PdL/NCD-SC-UdC-PpI-RI). Il Presidente Napolitano comunque volle anche affidare ad una Commissione di esperti la stesura di un indice di argomenti per la riforma del sistema bicamerale e della forma di Governo al fine di favorire la nascita di Governi stabili ed efficienti. Il Governo Letta presentò quindi  alle Camere una proposta di legge costituzionale per l’istituzione di un Comitato bicamerale di 42 parlamentari con il compito di redigere uno o più progetti da approvare in Parlamento e sottoporre in ogni caso a referendum popolare. Tale progetto veniva però presto abbandonato con la nascita nel febbraio ’14 del Governo Renzi (PDNCDUdCSCPSIDemoSCD) che, a sua volta, predispose un’ampia riforma della Costituzione (con Ministra per le riforme costituzionali Boschi). La riforma, che peraltro non riguardava sostanzialmente i titoli II e III della parte II Cost. (Ordinamento della Repubblica), fu approvata dal Parlamento ma venne clamorosamente bocciata dal terzo referendum popolare del 4 dicembre ’16 (59,12% dei no), con le preannunciate dimissioni del capo del Governo.

Da ultimo il quarto referendum popolare del  20 e 21 settembre 2020  ha riguardato la legge di revisione costituzionale d’iniziativa del senatore Quagliariello di centro-destra (in quota IDeA) approvata in seconda votazione dal Senato nel luglio ’19 (Governo Conte I  -M5S-LSP-MAIE) e dalla Camera nell’ottobre ’19 (Governo Conte II – M5S-PD-LeU-IV-MAIE) relativa alle modifiche degli articoli 56, 57 e 59  Cost. in materia di riduzione del numero dei parlamentari che di fatto però ha contribuito a sminuire il fondamentale ruolo di intermediazione e la centralità dell’unica istituzione direttamente rappresentativa della nostra Repubblica democratica. La legge costituzionale approvata ha previsto un consistente taglio dei componenti di ambedue i rami del Parlamento con la riduzione dei deputati da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200 e ha specificato che il numero complessivo dei senatori a vita di nomina del Presidente della Repubblica e in carica non può essere in alcun caso superiore a 5. Il quesito referendario, in tempi di crescente populismo, ha ottenuto anche una larga approvazione popolare (quasi il 70% dei sì), con la partecipazione della maggioranza degli aventi diritto al voto (anche se non necessaria) e con la promulgazione e pubblicazione della l. c. n. 1 del 19 ottobre 2020.

I risultati dei referendum costituzionali finora svolti appaiono comunque indicare che il popolo (e più precisamente il corpo elettorale) del nostro Paese non sembra gradire modifiche sostanziali all’assetto dell’ordinamento della Repubblica (Parte II Cost.) e specialmente i rafforzamenti di potere di singoli organi dello Stato come quelli della figura del capo del Governo (Cfr. il risultato del referendum del ’06 sulla c. d. “grande riforma” nella parte seconda del presente studio). Questa avversione sembra derivare dalla saggezza e prudenza dei cittadini elettori forse anche perché memori o comunque ben consapevoli delle tragiche conseguenze subite dal popolo italiano dopo la svolta autoritaria attuata nel secolo scorsodal regime fascista e messa in atto già con la legge n. 2263 del dicembre 1925 (Governo Mussolini-dal ’22 al ’43- del Partito Nazionale Fascista (PNF) fondato a Roma nel novembre ’21 come forza nazionalista, conservatrice, antisocialista e antiliberale). Quella vecchia legge introdusse in Italia la figura del Primo ministro (o c.d. Premier e premierato) con la funzione di Capo del Governo (Art. 1). In precedenza il Re, in base allo Statuto Albertino, era “Capo Supremo dello Stato” e anche capo del Governo in quanto “al Re solo appartiene il potere esecutivo” (art. 5)  e “Il Re nomina e revoca i suoi Ministri” (art. 65), oltre al fatto che “Il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal Re e da due Camere: Il Senato, e quella dei Deputati (art. 3) . Con la legge del ’25 il ruolodi capo del Governo, oltre ad essere stato attribuito al Primo ministro,fu anche notevolmente rafforzato nei confronti del Parlamento che invece venne poi progressivamente esautorato dai suoi compiti legislativi fino a che, dal novembre ’26, si ebbe la fine  di ogni vita politica e la piena realizzazione del regime autoritario (e cioè la trasformazione dello Stato in senso autoritario in cui la sovranità è esercitata da un partito egemone o da un dittatore). Si pervenne alla soppressione delle libere elezioni e alla fine del regime parlamentare democratico  e liberale che fu sostituito da un regime dittatoriale a partito unico incentrato sull’autorità del capo del Governo e sul terrore poliziesco. Infine nel marzo ’39 si arrivò anche allo scioglimento della Camera dei deputati elettiva, sostituendola con la Camera dei fasci e delle corporazioni non elettiva, mentre il Senato era composto di membri ultraquarantenni nominati a vita dal Re in numero non limitato. Abbastanza forte appariva la somiglianza di contenuto della legge di revisione costituzionale della c.d. “grande riforma” approvata in Parlamento nel novembre ’05 (Governo Berlusconi III (FI-AN-LN e altri) con  la legge n. 2263 di cui sopra emanata 80 anni prima dal regime fascista, ma la stessa per fortuna fu poi nettamente bocciata (con il 61,29% dei no) appunto dalla maggiore saggezza e prudenza del corpo elettorale nel referendum del giugno ’06.

La forma di governo costituzionale vigente nella Repubblica italiana è infatti quella in cui  la sovranità è ripartita tra organi costituzionali diversi e in cui vige il principio della separazione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario). Nella forma di Governo parlamentare scelta dai padri costituenti i due pilastri sono da un lato il Governo nominato dal Capo dello Stato che deve godere della sua fiducia e però anche della fiducia del Parlamento e dall’altro lato  il potere del Capo dello Stato di sciogliere le Camere anticipatamente, investendo così il corpo elettorale del compito di rinnovare il Parlamento. In questo assetto istituzionale nasce una doppia responsabilità  del Governo (e vale a dire del Consiglio dei Ministri,quale organo della Repubblica previsto dal titolo III, sezione I della parte II Cost.) sia verso il Presidente della Repubblica che lo nomina che verso il Parlamento che gli concede la fiducia ma può anche togliergliela e in tal caso il Capo dello Stato è obbligato a licenziare il Governo e formarne un altro che riesca a  godere della fiducia del Parlamento. Ove invece il Capo dello Stato intenda sostenere il Governo e non licenziarlo ha solo il potere di sciogliere anticipatamente le Camere nella speranza che il nuovo Parlamento dia la fiducia (negata dal precedente) alla linea e al programma del Governo approvandone la politica condivisa appunto dal Presidente della Repubblica.

Proprio sull’ordinamento della Repubblica (parte II Cost.) e sulla forma di Governo torna di nuovo ad incidere il disegno di legge costituzionale n. 935 recante “Modifiche agli articoli 59, 88, 92 e 94 della Costituzione per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri, il rafforzamento della stabilità del Governo e l’abolizione della nomina dei senatori a vita da parte del Presidente della Repubblica” d’iniziativa governativa che è stato presentato il 15 novembre ’23 dalla Presidente del Consiglio G. Meloni di Fratelli d’Italia (partito di cui é la Presidente sin dal marzo ’14)in carica dal 22 ottobre ’22 e già Ministra per la gioventù del Governo Berlusconi IV, dal maggio ’08 al novembre ’11, in quota Popolo della Libertà (PdL che eranato dall’unione di FI e di AN) e dalla Ministra per le riforme istituzionali Alberti Casellati (di FI e già Presidente del Senato dal ’18 al ’22).

Alleanza Nazionale (AN) é stata una forza politica nazionalista e conservatrice di destra c.d. post-fascista, nata nel gennaio ’94 come lista elettorale (AN-MSI) per l’elezioni politiche del marzo ’94 dalle quali derivò il Governo Berlusconi I delPolo delle Libertà e del Buon Governo composto da FI-LN-MSI/AN-CCD-UDC e unico Governo della Repubblica che ha visto la presenza anche di esponenti del MSI (poi sciolto nel ’95) ma che è  rimasto però in carica solo otto mesi causa l’uscita dalla maggioranza della Lega Nord del fondatore U. Bossi. Viene anche ritenuto il primo governo della c.d. “Seconda Repubblica” caratterizzata dal consolidamento dei due schieramenti opposti di centro-destra e di centro- sinistra.  

AN era poi divenuta partito dal ’95 con leader e presidente G. Fini (peraltro già segretario del MSI dal ’87 al ’90 e dal ’91 al ’95) fino alla confluenza appunto nel PdL e al conseguente scioglimento di AN nel marzo ’09. Il partito di AN, che nel simbolo conservava anche la fiamma tricolore con sotto la scritta M.S.I., era composto dal MSI-DN (derivante dalla confluenza nel MSIdel partito dei monarchici nel ’72) e da altre associazioni e personalità di destra. Il partito MSI-DN venne sciolto il 27 gennaio ’95 proprio dal congresso di AN con la c.d. “svolta di Fiuggi” di G. Fini,chene è stato anche l’ultimo Segretario. Il Movimento Sociale Italiano, con simbolo la fiamma tricolore e sotto la scritta M.S.I., era statounpartito d’ispirazione neofascista (cioè volta a rivitalizzare l’ideologia fascista) fondato nel dicembre ’46 da alcuni reduci della Repubblica Sociale Italiana (RSI) come G. Almirante ed ex esponenti del regime. Era ritenuto l’erede del Partito Fascista Repubblicano (PFR), quale partito unico della RSI, fondato da Mussolini (dopo la caduta del fascismo il 25 luglio ’43) per combattere fino all’ultimo a fianco della Germania nazista e contro gli Alleati. Nel gennaio ’95 gli aderenti al disciolto MSI-DN erano poi confluiti in gran parte appunto nel partito di AN di destra e solo in parte in quello del Movimento Sociale Fiamma Tricolore (MSFT), noto come Fiamma Tricolore, di estrema destra e neofascista di P. Rauti e altri esponenti del MSI oppositori alla c.d. svolta di Fiuggi.

La  tradizione politica di AN, dopo lo scioglimento nel ’09, è stata poi raccolta dal partito di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale più noto come Fratelli d’Italia (FdI) avente ancora nel simbolo la sigla M.S.I. sotto la fiamma tricolore e il nome di AN fino al ’17 e con la stessa sede nazionale già del MSI e di AN a Roma in via della Scrofa. Questo nuovo partito è stato fondato nel dicembre ’12 da La Russa, Crosetto, Meloni e altri di provenienza AN, PdL e MSI a seguito di una scissione dal PdL, che poi si dissolse nel novembre ’13 dopo l’ulteriore scissione del Nuovo Centrodestradi Alfano e la rinascita di Forza Italia. Fratelli d’Italia, il maggiore partito italiano alle ultime elezioni politiche del 25 settembre ’22 (26% dei voti contro il 4,30% di quelle del ’18), è nato come partito di destra post-fascista prosecutore della destra parlamentare di AN quale evoluzione del MSI. Non a caso però FdI nel suo simbolo ha continuato e continua tuttora a mantenere la fiamma tricolore già utilizzata storicamente come simbolo dal MSI,a differenza per esempio del Partito Democratico (PD), il secondo partito (19% dei voti) alle stesse elezioni del ’22, che è stato fondato nell’ottobre ’07 come partitodi centro-sinistra nato dalla fusione dei DS con La Margherita e con W. Veltroni eletto Segretario nazionale. Questo nuova formazione politica era stata preceduta appunto dal partito dei Democratici di Sinistra (DS) che, già dalla nascitanel febbraio ’98, non aveva più nel simbolo la tradizionale falce e martello del Partito Comunista Italiano. Dopo le elezioni politiche anticipate dell’aprile ’96 vinte dal centro-sinistra (L’Ulivo)il partito dei DS ha avuto come primo segretario M. D’Alema,il quale poi è anche diventato Presidente del Consiglio dei ministri ed è stato l’unico esponente di un partito di sinistra ex-comunista a ricoprire tale carica nella storia della Repubblica Italiana fino ad oggi, più precisamente nei due Governi D’Alema I e II del L’Ulivo (ottobre ’98 -aprile ’00). Il PCI,avente la sede nazionale a Roma in via delle Botteghe Oscure,era statosciolto nel febbraio ’91 su iniziativa del Segretario A. Occhetto e sostituitodal Partito democratico della Sinistra (PDS) quale evoluzione dello stesso PCI e avente ancora nel simbolo la falce e martello e la scritta P.C.I. sotto la nuova Quercia, mentre una parte minoritaria aveva dato vita con A. Cossutta al Partito della Rifondazione Comunista (PRC) di estrema sinistra.

Infine è anche da ricordare che l’organizzazione giovanile del MSI-DN denominata Fronte della Gioventù (FdG) di estrema destra nazionalista e neofascista, derivata dalla Giovane Italia del c.d. “Misse”, e in attività dal ’71 al ’96, aveva visto l’adesione attiva sia dell’attuale Presidente del Consiglio dei ministri e Presidente in carica di FdIa partire dal ’92 che dell’attuale Presidente del Senato negli anni ’70, quando addirittura ne era uno dei capi a Milano. Tutto questo anche per significare che i fatti e gli eventi della storia contemporanea soprattutto del proprio Paese se non del mondo intero, forse ancora poco studiata nelle scuole superiori, non dovrebbero essere mai ignorati dimenticati e nemmeno sottovalutati da parte dei cittadini elettori che tutti insieme (il corpo elettorale) sono l’organo originario dello Stato democratico in quanto “la sovranità appartiene al popolo” (art. 1 Cost.) e neanche da parte dei cittadini che in numero crescente non vanno più a votare e la cui scelta, quale che ne sia il motivo, è sempre un errore grave in quanto lasciano decidere gli altri anche se addirittura fossero una minoranza. Questa evenienza forse meriterebbe l’attenzione delle Camere legislative anche se troppo occupate quotidianamente a convertire la miriade di decreti legge provvedimento emanati dal potere esecutivo (Governo) che inoltre, con l’utilizzo troppo frequente della questione di fiducia, sta già di fatto assumendo anche il potere legislativo contro il principio fondamentale della separazione dei poteri proprio di uno Stato democratico (e non di uno Stato autoritario)e che purtroppo sta divenendo meno rilevante.

Fine parte terza

Li  15 marzo 2024

Dott. Alfonso Gentili, già Segretario Generale del Comune di Todi

Un grande concerto di livello internazionale, due grandi esecutori.

Il violinista Simon Zhu e la pianista Sophie Pacini. Introduzione al Concerto di Lucia Mencaroni che ha organizzato l’evento.

Uno strabiliante concerto si è tenuto ieri sera a Todi, nell’Aula magna del Liceo “Jacopone da Todi”, tale da allineare la città umbra alle grandi capitali europee della musica. L’evento era un’anteprima della rassegna “Note d’estate”, curata da Lucia Mencaroni e Stefano Giardino, giunta alla decima edizione, che ha avuto il merito indiscusso di portare alla ribalta di Todi artisti in erba di grandissimo valore promossi dalla Gioventù Musicale d’Italia. E bisogna dire che se questo era l’anticipo c’è da aspettarsi una stagione di lusso. Protagonisti sono stati due eccezionali musicisti, entrambi tedeschi sebbene il loro cognome riveli una provenienza asiatica in un caso e italiana nell’altro: il violinista Simon Zhu, nato a Tubinga, fresco della vittoria della cinquantasettesima edizione del prestigioso concorso violinistico internazionale “Premio Paganini” 2023, e la pianista la pianista Sophie Pacini di Monaco di Baviera, già messasi in luce in numerose occasioni, fra le quali il Progetto Martha Argerich di Lugano, e con alle spalle numerosi premi e riconoscimenti, come il Premio della Radio Nazionale Tedesca.

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Introdotto da Lucia Mencaroni, che con la sua profonda conoscenza e col suo lungimirante quanto infaticabile impegno seguita puntualmente a illuminare la vita culturale della sua città, e inframmezzato dai divertenti siparietti di Sophie Pacini, il concerto si è rivelato una rara occasione di godimento spirituale.
Il programma era particolarmente impegnativo: la Sonata in mi minore K. 304 di Mozart, la Terza sonata di Janàček, “I palpiti” in la maggiore op.13. Introduzione e variazioni sul tema di “Di tanti palpiti” dal “Tancredi” di Rossini di Niccolò Paganini, “A una voce lontana” di Silvia Colasanti e infine la Terza sonata in re minore op. 108 di Johannes Brahms.
A soli ventitré anni, Simon Zhu possiede tutte le qualità che denotano una personalità musicale di spessore: alto magistero tecnico che consente una gamma coloristica amplissima, virtuosismo impressionante mai fine a sé stesso ma puntualmente posto al servizio delle esigenze espressive, sensibilità interpretativa che sa caricare di significato ogni nota eseguita, conoscenza dello stile che individua con precisione pressoché infallibile le giuste sonorità per ogni brano eseguito. Nelle sue mani, il bellissimo strumento a sua disposizione, uno Zosimo Bergonzi costruito a Cremona nel 1760, diviene il tramite di un caleidoscopico avvicendarsi di stati d’animo, tutti in grado di coinvolgere l’ascoltatore in uno stretto rapporto con la pagina interpretata. Il violino di Zhu tocca le corde intime dell’animo e lo conduce in mondi lontani ma tutti ugualmente rapinosi e affascinanti.


Sophie Pacini dal canto suo si è dimostrata non solo una strumentista di vaglia, in possesso di un prodigioso arsenale tecnico, ma una musicista di rara finezza, in grado di assecondare la linea del violino con sonorità sempre commisurate allo spirito, alla dinamica e alle esigenze interpretative del pezzo.
Così è emersa pienamente la cifra stilistica della bellissima e singolare Sonata mozartiana, nella quale il ricorso al modo minore del genio salisburghese si colora ancora una volta di quella nascosta inquietudine, di quell’angoscia non gridata che caratterizzano il suo mondo interiore, soprattutto nel sorprendentemente moderno unisono che accomuna i due strumenti nell’enunciazione del tema iniziale.
Un salto in un paesaggio in cui distensioni liriche si alternano subitamente a ritmi di danza contadina improntati a un’apparente allegria, e a sonorità aspre e corrusche è avvenuto con la Sonata di Janàček, la terza delle sonate per violino e pianoforte del compositore moravo ma in realtà l’unica conservata. Di essa sono pervenute due versioni, la prima, stesa fra il 1913 e il 1914 e la seconda fra il 1918 e il 1919 e quest’ultima è stata quella eseguita. Nei suoi quattro movimenti, il brano fa trasparire come sinistri bagliori gli echi devastanti della guerra e il suo impianto formale sembra condizionato dall’oscillazione fra impulsi contrastanti che si succedono con disegni brevi e mordenti.
“I palpiti” di Paganini ha portato un momento di autentico tripudio del suono, dando modo al giovane violinista di dar prova della strepitosa padronanza tecnica dello strumento.
“A una voce lontana”, che ha aperto la seconda parte del concerto, è un brano per violino solo commissionato a Silvia Colasanti come pezzo d’obbligo proprio dal LVII Concorso internazionale di violino “Premio Paganini” 2023 vinto da Zhu. Il titolo è tratto da un verso della poetessa russa Anna Achmatova (“Come a una voce lontana presto ascolto, ma intorno non c’è nulla, nessuno.”) alla quale la compositrice romana dedicherà un’opera lirica che verrà rappresentata al Teatro alla Scala. La scrittura, preziosa e rarefatta, animata da nascoste polifonie e da struggenti abbandoni melodici, conferma l’altissimo grado di densità espressiva dell’invenzione di Colasanti che ne fanno una delle personalità di spicco e di riferimento della musica d’oggi.
L’estro interpretativo dei due musicisti ha poi trovato nella grandiosa Sonata di Brahms l’occasione per manifestarsi in tutte le innumerevoli possibilità. Il pathos che la pervade emerge subito dal tema iniziale, improntato a quella cantabilità distesa che si espande in lunghe arcate tanto cara all’Amburghese. La cavata possente e incisiva del Zhu, capace di sostenere benissimo il fraseggio brahmsiano, è andata di pari passo col tocco vibrante e appassionato di Pacini, formidabile nel controllare il complesso ordito della parte pianistica, in uno scambio di suggerimenti che qui come nei pezzi precedenti non ha mai mancato di andare a buon fine.
Alla fine, come prevedibile, il folto pubblico ha tributato un’autentica ovazione ai due musicisti che non si sono fatti pregare nel concedere due bis: il primo, affidato al solo violinista, costituito dal Ventiquattresimo capriccio in la minore di Paganini, in cui la pirotecnica successione delle variazioni ha coinciso con la tensione verso un’acme emotiva di incomparabile intensità, il secondo invece da un omaggio a Morricone, tratto dalla colonna sonora di “Nuovo cinema Paradiso”.
Usciti da questa serata indimenticabile col cuore in festa, ci siamo tutti augurati che le regole che governano l’asfittico e asfissiante sistema musicale non impediscano a simili talenti di affermarsi come meritano, specie nel nostro Paese, dove grazie alla pervicace ottusità della maggioranza dei direttori artistici, la fanno da padrone solo le scelte interessate di alcune agenzie o le cordate fra direttori d’orchestra di successo e solisti d’insuccesso, o viceversa.